Appuntamento a Matera per la sfida del cambiamento
di FRANCESCO SOMMA*
La Basilicata è crocevia di fenomeni legati alle più importanti trasformazioni economiche e sociali in atto. Il che ci pone, inevitabilmente, di fronte ad alcuni interrogativi: saremo in grado di cogliere al meglio la sfida del cambiamento? Di imboccare le principali traiettorie di sviluppo? Di nutrire il sufficiente coraggio da mettere al servizio di più ambiziose prospettive di futuro? Per provare a fornire alcune risposte, abbiamo chiamato a confronto uomini di Governo, delle Istituzioni e il Presidente di Confindustria in una pubblica iniziativa che si terrà il prossimo 3 marzo a Matera.
L’intento è far emergere, in chiave propositiva, quello che l’industria lucana – con il suo bagaglio di specificità, di sfide già vinte e ulteriori potenzialità – può offrire per contribuire a superare limiti strutturali e aspetti che connotano la nostra contraddittoria modernità.
La Basilicata, da sempre terra di contrasto tra luci e ombre, è un esempio di scuola di come sia difficile ma al contempo urgente far evolvere i programmi e le azioni di governo, utilizzando in maniera maggiormente produttiva il grande corredo di risorse di cui effettivamente dispone. Terra della civiltà contadina e poi del metano, quindi del petrolio, infine dell’energia, nelle sue molteplici espressioni. Una traiettoria che la vede oggi alle prese con scelte difficili e alla ricerca di soluzioni in grado di combinare, virtuosamente, risorse, territorio e comunità. Insomma, la più corretta versione dello sviluppo sostenibile.
Viviamo il paradosso di una regione provvida e feconda sulla quale, tuttavia, incombe la profezia dell’inverno demografico. L’Istat che elabora le cifre della nostra contabilità civile ci dice che nei prossimi cinque anni registreremo cali record della nostra popolazione, già falcidiata da una emorragia che nasce da ragioni continentali.
Scontiamo un tasso di modernità insufficiente. Non solo sul fronte della innovazione, della lentezza con cui procede la digitalizzazione del sistema informativo e istituzionale, ma sul terreno dell’infrastrutturazione di base. Mi riferisco alla logistica, alla relazione strada – ferrovia, dentro un moderno sistema comunicativo, che significhino “inclusione”, quindi, integrazione e modernità.
Avvertiamo ogni giorno il peso delle distanze dalle aree più progredite e forse tutelate. Distanze fisiche e immateriali fra Nord e Sud e fra i territori interni al Mezzogiorno.
Si tratta di una partita storica che va affrontata non sul terreno delle recriminazioni ma su quello del confronto lucido e razionale. Un terreno che va “sminato” da insidie ed egoismi territoriali e sociali. Mi spiego: vogliamo capire se il regionalismo così come lo abbiamo ereditato dall’ispirazione costituzionale è ancora chiamato a cooperare alla unità del Paese, o alla sua rottura. Più chiaramente: vogliamo che l’Italia proceda a fari spenti, accentuando i divari di cittadinanza e le disparità, o, al contrario, intendiamo valorizzare il potenziale autonomistico per spingere in Europa l’intero Paese? E, soprattutto, con un Sud chiamato ad accelerare, cambiare e performare a tutti i livelli?
A nostro avviso sarà essenziale ripensare un regionalismo non declinato gradualmente in federalismo, ma che sia capace di “condurre” la società allo Stato.
Questa è la battaglia da portare avanti con coerenza e contando sulla piena disponibilità delle forze e delle istituzioni che credono davvero nella libertà, così come in un disegno solidaristico e unitario.
C’è un contesto più complessivo di cui tener conto: la Storia chiama l’Europa a una nuova, decisiva, prova di maturità che si misurerà sulla capacità di difendere la sua industria e quindi la sua stabilità economica. Al contempo, si va configurando una nuova centralità strategica del Sud, in virtù del suo posizionamento nel Mediterraneo e nel perimetro del progetto che mira a fare del Paese un hub energetico nazionale. E all’interno di questa prospettiva, va considerata – per posizione geografica, collocazione baricentrica nel sistema Zes e specializzazione produttiva nel settore delle energie – l’assoluta strategicità della Basilicata. Ma transizione verso un modello così innovativo reclama una forte attenzione nelle strategie negoziali a livello europeo. La Basilicata vive la sofferenza di essenziali filiere produttive come l’automotive. Il mondo delle nostre Imprese è pronto a misurarsi sul terreno della innovazione. Ma chiede agli interlocutori istituzionali di determinarsi nella semplificazione di norme e procedure, soprattutto nella promozione degli investimenti nelle energie alternative.
C’è una poi una domanda che ci poniamo ogni giorno. Che può apparire retorica. Ma ha una radice profonda di verità e di giustizia: Il nostro è un Paese per giovani? E la Basilicata è una regione per giovani? Che Paese e che Regione possono mai definirsi quelli che sottovalutano, talvolta ignorano, valore e missione dello sport? Ed è mai pensabile uno sport senza strutture adeguate, di cui è acutamente carente la nostra Basilicata? Le risposte sono scontate e le conseguenze evidenti, anche in termini di mancate ricadute economiche che la filiera sportiva è in grado di generare.
Un pensiero finale non potrebbe che chiamare in causa uno dei fattori più “eversivi ” verso pigrizia e scarsa propensione alla conoscenza che vediamo talvolta affiorare nelle nostre comunità. La cultura è energia pura, è il propellente della qualità civile di un Paese. Tra i principali deficit da colmare vi è quello che attiene al ruolo che Ricerca – Università – Istituzioni culturali sono chiamati ad esercitare, producendo e diffondendo gli embrioni del cambiamento e del pensiero critico ch’è il “pensiero libero”. Vi sono regioni che si identificano nelle loro Università dove vengono fecondate le nuove classi dirigenti. La Basilicata non vive ancora una piena identificazione nella sua Università che fu figlia del terremoto e di una classe dirigente illuminata.
Dobbiamo perciò aiutarla, non solo sostenendola com’è sempre avvenuto, ma accompagnandola in un sforzo ulteriore di connessione con il significato di una comunità aperta e civile.
Venerdì prossimo da Matera rinnoveremo l’appello alla responsabilità e la solidarietà tra classi dirigenti per portare avanti l’impegno comune per la sfida del cambiamento, che non potremmo mai vincere se non in una cornice di cooperazione sia interna che nazionale.
*Presidente Confindustria Basilicata