Di seguito l’intervista integrale:
Presidente Somma, dal rapporto Svimez è purtroppo arrivata una conferma sul depauperamento della regione, che è anzitutto demografico. Può bastare la presenza di grandi gruppi, nei settori petrolio e automotive, per uscire dalla palude una volta che la pandemia avrà finito di mordere?
Si tratta di una triste conferma, soprattutto se analizzata in correlazione a un altro aspetto molto negativo emerso dal recente rapporto Svimez: la Basilicata nel 2020 ha registrato il maggior tonfo dell’industria in senso stretto (-12,4). Credo che i due dati vadano necessariamente letti insieme per una piena consapevolezza di quanto sia concreto il rischio di uno scenario prossimo di desertificazione demografica e industriale. Al netto dei numeri positivi di Banca d’Italia che certificano, nei primi mesi del 2021, un parziale recupero dei livelli persi nell’anno nero del Covid anche per la nostra economia regionale, è evidente che la Basilicata ha bisogno di uno switch on dirompente per sintonizzarsi sui canali della crescita stabile e duratura. C’è bisogno di rompere gli schemi rispetto a modelli di sviluppo inefficaci, con risposte adeguate alla profonda spinta all’innovazione che devono arrivare dalla riconfigurazione delle traiettorie di sviluppo sulla base delle leve più potenti che abbiamo a disposizione. Automotive e comparto energetico rappresentano sicuramente i due traini principali. Non solo per le ricadute dirette e indirette che hanno sempre garantito la tenuta economico sociale della regione, ma anche e soprattutto in considerazione del potenziale di questi due settori legato ai principale driver del PNRR: la doppia transizione ecologica e digitale. Il patrimonio di partenza non va dato per scontato, come dimostra la forte crisi che sta attraversando la filiera dell’auto, e in particolare dell’indotto Stellantis, che pretende una discesa in campo forte da parte del Governo. Siamo in presenza di processi delicati e difficili che vanno accompagnati con strumenti adeguati, sia nazionali che locali, che ci consentano di confermare il ruolo da protagonisti che abbiamo giocato fino a ora rispetto a queste due specializzazioni produttive. Certo, questo da solo non basta. Per favorire nuovi investimenti e rafforzare insediamenti produttivi già esistenti è necessario puntare sulla competitività del territorio, superando vecchi ostacoli e valorizzando i nostri elementi di forza. Infrastrutture, Zes e reti digitali devono essere i capitoli più corposi. Altri grandi input per l’economia regionale potranno arrivare da comparti già strategici – come agroindustria, turismo e mobile imbottito – ma anche da tutti quegli interventi che mirano a rivitalizzare le aree interne, a cominciare dalle cosiddette infrastrutture sociali come asili e scuole, che insieme ai bonus edilizi e agli interventi di messa in sicurezza del territorio, rappresentano un grande stimolo al settore delle costruzioni che vantano un notevole effetto moltiplicatore degli investimenti.
A proposito di Covid, come ritiene si stiano utilizzando i sostegni? Si sono rivelati una misura adeguata o secondo lei bisogna andare oltre?
Credo che i sostegni, seppure con qualche eccezione legata alle complessità iniziali di applicazione, abbiano funzionato bene. Quella fase però ormai è superata. Oggi gli interventi principali di affiancamento alle imprese nella ripartenza devono affrontare il vero grande freno rappresentato dall’impennata del costo delle commodities e in generale del caro materie prime che rischia di rallentare, se non frenare del tutto, la ripresa. Ci sono imprese che rischiano di finire sul lastrico. Nell’immediato è necessario garantire uno stanziamento adeguato di risorse per interventi urgenti a favore delle imprese, per ridurne l’impatto potenzialmente devastante. Al contempo, però, dobbiamo aprirci anche a riflessioni di più ampio respiro, che hanno ancora più senso in una regione come la nostra, da considerarsi emblematica in materia di energia: il significativo livello a cui sono giunte le rinnovabili in Italia non è abbastanza per contenere il ruolo di gas e petrolio. Occorrono misure ad hoc per supportare la transizione ecologica e la realizzazione degli investimenti volti alla decarbonizzazione dei settori energivori che presenta ancora tempi e costi elevati. Inoltre, riteniamo che non sia più rinviabile da parte del Governo centrale un deciso taglio del cuneo fiscale che significa, nell’immediato, più soldi nelle tasche dei lavoratori e aumento della competitività delle imprese.
Per quanto riguarda invece il Pnrr, crede che la situazione dettata dall’emergenza sanitaria potrà generare meccanismi di spesa e gestione dei fondi Ue più virtuosi di quanto sia accaduto in passato?
E’ questo purtroppo il grande tema. Le performance sull’utilizzo delle risorse comunitarie e, più in generale, i tempi lunghissimi per qualsivoglia investimento infrastrutturale sono ormai inaccettabile e imperdonabili, data la posta in gioco. Perché questo cambi, è necessario intervenire sul rafforzamento quali-quantitativo delle dotazioni organiche. La Basilicata è tra le regioni che in questi anni hanno subito la maggiore riduzione di organico negli enti pubblici per effetto dell’esodo e del mancato turn over. Vanno immesse risorse fresche nelle nostre pubbliche amministrazioni. Non possiamo non porci il tema di come affiancare il capitale umano alle nuove tecnologie. Le risorse annunciate dal Ministero per il Sud potranno fornire una prima risposta, ma si tratta di capire quante ne arriveranno in Basilicata, regione penalizzata per di più da un policentrismo insediativo in comuni di piccole e piccolissime dimensioni. Occorre dunque un ampio piano di reclutamento di nuovo personale nelle pubbliche amministrazioni locali. In occasione del recente evento “Motore Mezzogiorno, Ripartenza Italia”, abbiamo esplicitamente detto al ministro Carfagna che non ci scandalizzerebbe l’ipotesi di poteri sostitutivi nel caso in cui non si dovesse riuscire ad esprimere una progettualità adeguata per accedere ai finanziamenti disponibili sui bandi. La priorità, questa volta, deve essere non perdere le risorse, a qualunque costo.
In una lettera rivolta ai lettori del Quotidiano del Sud, il presidente Bardi ha definito il tema spopolamento prioritario per il futuro della Basilicata, individuando proprio nell’imprenditoria – e segnatamente nei giovani – una possibilità di nuovo protagonismo e attrattività della Regione. Lei come vede il futuro da questo punto di vista?
Siamo perfettamente d’accordo con il presidente Bardi: la crescita economica e sociale dell’economia della Basilicata non può prescindere dal rafforzamento e dall’ampliamento della base produttiva regionale e dalla piena valorizzazione dei giovani, con un’attenzione particolare alle giovani donne. Perché questo sia possibile c’è una sola strada da percorrere: gli sforzi e le risorse vanno indirizzate su progetti in grado di stimolare gli investimenti e creare occupazione di qualità. Basta spesa improduttiva e dispersa in mille rivoli. Un contributo significativo deve essere offerto dai “Contratti di sviluppo a valenza regionale” che finalizzano i proventi rivenienti dalle attività di coltivazione delle risorse fossili, su investimenti in settori no oil. Ma ci sono anche strumenti validi, seppure per piani di investimento più modesti, come l’Avviso pubblico Valbasento pubblicato nei giorni scorsi, e ancora, gli interventi di sostegno al rilancio e alla innovazione delle attività produttive e delle professioni con sede operativa sia nei comuni delle nostre aree interne, che nelle città di Matera e Potenza. Per spingere la ripartenza, bisogna intervenire con misure di sostegno al credito che possono trovare eleggibilità nel PO FESR 2021-2027, come integrazione dei fondi rischi dei Confidi, voucher di garanzia e abbattimento degli interessi su fondi garantiti dai Confidi. Non c’è più tempo da perdere sulla Zes, a cui bisogna urgentemente dare governance efficace e concretezza di contenuti: non solo vantaggi fiscali, ma anche con semplificazioni, zona franca doganale, piattaforma logistica di Ferrandina e rafforzamento infrastrutturale dell’area industriale di Melfi. E’ stato certamente importante l’ottenimento dei 50 milioni che il ministero per il Sud ha stanziato per le aree industriali di Tito e Jesce. Queste, insieme agli interventi resi possibili del PNRR volti a compensare i deficit di diritti di cittadinanza che caratterizzano molti territori interni, sono le condizioni minime perché i tanti ragazzi che ogni anno vanno via possano intravedere prospettive di futuro in cui realizzare le proprie ambizioni professionali e di vita. Non senza aver sufficientemente investito su percorsi di formazione come gli ITS, in grado di favorire realmente quell’incrocio di competenze che fino ad oggi è completamente mancato.
Alla luce del recente incontro avuto dalle parti sociali – tra le quali l’associazione che lei guida – con lo stesso Bardi, qual è la sua idea sul Piano strategico regionale?
Un Piano lungamente atteso che ora finalmente traccia un “punto zero” con una seria analisi dell’esistente e la definizione di precisi obiettivi, anche sulla base delle proposte che avevamo fornito nella fase di redazione del documento. Di certo non si tratta di un libro chiuso ma che va considerato piuttosto come un file aperto da completare con una chiara indicazione dei driver su cui allocare le risorse, sulla base di un’ampia concertazione con tutte le parti economiche e sociali ai tavoli operativi già annunciati dal Presidente Bardi. Chiaramente ci attendiamo scelte coraggiose, coerenti con le priorità assegnate dal Piano ad alcuni temi – quali il rafforzamento della base produttiva come elemento imprescindibile per la crescita, il potenziamento dell’assetto amministrativo e una burocrazia alleata e non ostacolo per imprese e cittadini, azioni di contrasto all’emergenza demografica, infrastrutture e progetti di transizione ecologica, finanziamenti alla ricerca e allo sviluppo – assicurando a questi capitoli corposa dotazione di risorse che vanno necessariamente utilizzate superando la logica della spesa “a pioggia”. Il Piano dovrà contenere una precisa strategia di supporto alla riconversione dell’indotto automotive e per la realizzazione del progetto relativo alla valle dell’idrogeno. Solo così potremmo rivendicare con orgoglio di aver contribuito a sradicare la convinzione che serpeggia da tempo e che assume come fallimentare la regionalizzazione delle competenze nella definizione delle traiettorie di sviluppo.
Rimanendo nel terreno della concertazione, come reputa il livello di dialogo e confronto con due tra i principali referenti del mondo imprenditoriale, e cioè i sindacati e le istituzioni regionali?
Credo che la Basilicata già in altre epoche abbia dimostrato di poter essere regione modello in fatto di concertazione. Oggi dobbiamo rinnovare quell’esempio garantendo il massimo sforzo di cooperazione costruttiva da parte di tutti i soggetti dello sviluppo nella definizione di una programmazione ispirata a un disegno chiaro del domani. Mi riferisco all’universo del sindacalismo e della imprenditorialità innovativa cui competerà di arare il campo nel quale l’Impresa possa produrre ricchezza sociale e progresso tecnologico, all’interno di un programma, una visione, più complessiva per questa regione. In poche parole, innovazione economica e sociale da realizzare attraverso un Patto per la crescita.
Finita l’emergenza, bisognerà fare i conti con i ritardi – infrastrutturali in primis – e le tante vertenze aperte, temi che in questi due anni sono quasi usciti dall’agenda politica. Come immagina una ripartenza a lunga gittata della Basilicata?
La riduzione dei divari infrastrutturali resta il tema centrale per il futuro della regione. Ancora oggi la mancanza di idonee reti infrastrutturali, logistiche e digitali perpetua un’ingombrante diseconomia esterna, zavorra in grado di vanificare ogni sforzo in termini di riequilibrio socioeconomico e di recupero di competitività delle imprese e dei territori. La storia economica ci insegna, invece, che la Basilicata è cresciuta in corrispondenza temporale con importanti investimenti infrastrutturali. Ci sono grandi attese per le rotaie dell’alta velocità “Salerno – Reggio Calabria” e “Taranto – Battipaglia” inserite del PNRR, ma per cogliere appieno l’obiettivo, come abbiamo detto in maniera diretta al ministro Giovannini, abbiamo bisogno di intercettare la dorsale adriatica, sulla quale sono programmati investimenti a cura di RFI. Dobbiamo accelerare l’ammodernamento della linea Potenza – Foggia. Al ministro abbiamo anche rappresentato la necessità che la Basilicata recuperi efficienza nei collegamenti stradali, in maniera funzionale alla connettività con la rete TEN-T e ai sistemi logistici ad essa asserviti. Tra le tante opere in tal senso necessarie su tutte, per importanza strategica ed utilità, c’è il corridoio stradale “Salerno-Potenza Bari. Poi ci sono tutti quegli interventi finalizzati al rafforzamento delle strade statali e provinciali che collegano i 131 comuni lucani alle principali reti regionali e ai centri capoluogo, e che possono trovare fonti di finanziamento attraverso diversi canali nazionali attualmente percorribili. Rispetto al deficit digitale, la banda ultra larga è un requisito essenziale di ogni area industriale moderna che voglia definirsi dignitosa e fattore abilitante per l’utilizzo delle nuove tecnologie e per le modalità di lavoro smart e flessibile che, esplose durante la pandemia, devono essere oggi la nuova normalità. In conclusione, siamo un territorio interno che è stato spesso raccontato dalla letteratura del pessimismo storico. Un territorio “servente” che oggi ha l’occasione di grandi potenzialità espansive. La strada non può che essere un Patto per la Crescita che coinvolga tutte le risorse economiche e sociali della regione e le impegni a costruire un futuro affidato ad una generazione libera e coraggiosa che progetti ed agisca per vincere la sfida del rimanere in Basilicata.